Costantino il Grande, dichiarato imperatore a York, in Britannia (306), si convertì al cristianesimo, convocò il concilio di Arles (314), divenne imperatore unico (324), presiedette virtualmente il concilio ecumenico di Nicea (325), fondò la città di Costantinopoli (330), e morì nel 337. Nel IV secolo fu considerato come il grande rivoluzionario, specialmente nella religione. Non fece del cristianesimo la religione dell’impero, ma fece importanti concessioni alla chiesa e ai suoi vescovi, e la sua conversione incoraggiò altri cittadini romani a diventare cristiani. La sua fondazione di Costantinopoli (concepita come la nuova Roma) come città cristiana incontaminata dalla religione pagana influenzò profondamente la futura struttura politica ed ecclesiastica dell’impero e della chiesa. I rapporti con la vecchia Roma, sia in materia di chiesa che di stato, non dovevano essere cordiali.
Costantino alterò completamente il rapporto tra la chiesa e il governo imperiale, iniziando così un processo che alla fine rese il cristianesimo la religione ufficiale dell’impero. Molti nuovi convertiti furono conquistati, compresi quelli che si convertirono solo con la speranza di avanzare nella loro carriera. La chiesa dovette anche affrontare una nuova forma di interferenza governativa quando Costantino presiedette il Concilio di Nicea, che affrontò la controversia ariana (un dibattito tra Ario e Atanasio e i loro seguaci sulla natura del Figlio di Dio); il concilio fornì la definizione della relazione tra Dio Padre e Dio Figlio che è ancora oggi accettata dalla maggior parte dei cristiani. Sebbene Nicea parlasse contro l’arianesimo, che sosteneva che il Figlio è un essere creato e non è uguale a Dio Padre, Costantino in età avanzata propendeva per esso, e il suo successore, Costanzo II, era apertamente ariano. Nonostante questo fermento e l’assoluta ostilità verso il cristianesimo dell’imperatore Giuliano l’Apostata (regnò 361-363), la chiesa sopravvisse, e gli aderenti alla religione romana tradizionale ricaddero nella resistenza passiva. La pressione crescente e silenziosa contro il paganesimo nel IV secolo culminò nei decreti dell’imperatore Teodosio I (379-395), che fece del cristianesimo cattolico la religione ufficiale dell’impero e chiuse molti templi pagani. Alla fine del IV secolo, quindi, il cristianesimo si era trasformato da setta perseguitata a fede dominante dell’impero, intrecciandosi con il governo imperiale.
Il legame tra chiesa e stato si espresse nella dignità civile e nelle insegne concesse ai vescovi, ai quali iniziarono ad essere affidati anche ruoli di ambasciatori. Costantino stesso nominò dei vescovi, e lui e i suoi successori convocarono dei concili di vescovi per affrontare importanti questioni di fede. Nel 400 il patriarca di Costantinopoli (con suo dichiarato imbarazzo) aveva la precedenza a corte su tutti i funzionari civili. Gli imperatori emisero una serie di sentenze che concedevano maggiori privilegi e responsabilità ai vescovi, migliorando la loro posizione sia nella chiesa che nella società. Le strette relazioni tra l’impero e la Chiesa nel IV secolo si riflettevano negli scritti di Sant’Ambrogio (vescovo di Milano, 374-397), che usava “romano” e “cristiano” quasi come sinonimi. Dopo che Teodosio ordinò il massacro dei cittadini di Tessalonica, tuttavia, Ambrogio chiese che l’imperatore si sottoponesse a penitenza, imponendo così a Teodosio la sottomissione alla Chiesa come suo figlio, non come suo padrone.
Un nuovo movimento prese forma nel tardo III e IV secolo che era una risposta sia alla tragedia delle persecuzioni finali che al trionfo della conversione di Costantino. Il monachesimo iniziò nel deserto egiziano nel III secolo in risposta alle condizioni sociali contemporanee, ma aveva radici scritturali e rifletteva l’attrazione della vita ascetica che era stata a lungo parte della tradizione cristiana e filosofica. Il primo dei monaci cristiani fu Sant’Antonio (251-356). Il monachesimo comunitario, o cenobitico, fu organizzato per la prima volta da San Pacomio (290-346 circa), che compose anche la prima regola monastica. San Basilio, vescovo di Cesarea Cappadociae (370-379), rifiutò l’ideale ermetico, insistendo su comunità con una regola che salvaguardasse l’autorità del vescovo e con atti concreti di servizio da compiere (ad es, Il monachesimo si diffuse rapidamente in Occidente, dove fu plasmato in modo decisivo da San Giovanni Cassiano di Marsiglia (360-435 circa) e da San Benedetto da Norcia (480 circa – 547), riconosciuto come il padre del monachesimo occidentale. La Regola di Benedetto, che alla fine divenne predominante, era nota per la sua umanità e il suo equilibrio tra preghiera e lavoro. Poiché il lavoro manuale dei monaci consisteva spesso nella copiatura di manoscritti, i monasteri divennero per secoli un grande centro di vita culturale. Il contemporaneo di Benedetto, Cassiodoro (c. 490-c. 585) fece copiare le opere degli autori classici (ad esempio, Cicerone e Quintiliano), così come le Bibbie e le opere dei primi Padri della Chiesa.
La Chiesa fu molto lenta nell’intraprendere un lavoro missionario oltre le frontiere dell’impero. Il goto Ulfilas convertì i Goti al cristianesimo ariano (340-350 circa) e tradusse la Bibbia dal greco al gotico – omettendo, in quanto inadatti, i passaggi bellici dell’Antico Testamento. I Goti trasmisero la loro fede ariana ad altre tribù germaniche, come i Vandali. (Tra il 496 e il 508 i Franchi, sotto il loro grande re Clodoveo, divennero il primo dei popoli germanici a convertirsi al cristianesimo cattolico, e furono presto seguiti dai Visigoti). Nel V secolo le province occidentali furono invase da Goti, Vandali e Unni, e la successione imperiale ebbe fine quando un leader tedesco, Odoacre, decise di governare senza un imperatore (476). La posizione del papato fu rafforzata dal declino del potere statale, e questo preparò la strada alla sovranità temporale dei papi su parti dell’Italia (che mantennero dal VII al XIX secolo; la sovranità indipendente della Città del Vaticano fu riconosciuta nel 1929).