Anche se la teologia riformata di Huldrych Zwingli mostra l’influenza della scolastica, essa è principalmente il prodotto del New Learning. Nei suoi primi anni Zwingli aveva un gusto per gli scolastici, incluso Duns Scoto, ma si allontanò dalla via antiqua attraverso l’attrazione dell’umanesimo del parigino Jacques Lefèvre d’Étaples e dei membri dell’Accademia fiorentina, in particolare il neoplatonico Marsilio Ficino. Attraverso l’associazione con Erasmo, acquisì un interesse filologico ed esegetico per le Scritture e i primi testimoni della tradizione, Origene, Girolamo, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo, Cirillo di Alessandria e Giovanni Crisostomo; solo più tardi cedette all’incantesimo di Sant’Agostino. Come risultato di questo riguardo per i primi secoli della Chiesa, Zwingli divenne primitivista nel suo pensiero teologico e fu portato a un rifiuto iconoclasta delle statue, dei crocifissi, degli altari, degli organi, dell’incenso e di tutte le funzioni liturgiche sorte durante il Medioevo. Il pulpito sostituì l’altare, e un servizio di comunione eseguito su una tavola di legno nuda con vasi di legno soppiantò il Sacrificio della Messa.
Bibliocentrismo. In uno sviluppo parallelo apparve la sua fiducia nelle Scritture come unica norma e autorità in materia di fede; queste dovevano essere interpretate privatamente da tutti i cristiani, in modo che “il cottage di ogni contadino è una scuola dove si potrebbe leggere il Vecchio e Nuovo Testamento; questa è l’arte suprema (der höchste Kunst )”. (Corpus reformatorum 3:463.3.) Distinguendo tra la parola interiore (fede) e la parola esteriore (lettura e predicazione del Vangelo), Zwingli insegnò che la fede non è direttamente illuminata dalla parola esteriore ma da Cristo stesso, già stabilito nello spirito umano attraverso la fede: Sic verbum per nos praedicatum non facit credentes, sed Christus intus docens (Schuler e Schulthess, 6:702). Così egli ripudiava un magistero oggettivo, o qualsiasi autorità sovrapersonale nelle interpretazioni scritturali, e al suo posto sostituiva i fattori soggettivi dell’esperienza religiosa. Nei suoi scritti scritturali adottò un’esegesi metaforica e retorica piuttosto che una letterale (come tra gli scolastici) o morale (come con Martin Lutero).
Ecclesiologia. Nell’ecclesiologia zwingliana la Chiesa ha due aspetti: è invisibile (ideale), abbracciando tutti gli eletti in Dio; e anche visibile o sensibile (empirica), composta da coloro che professano la loro fede e sono firmati con il Battesimo in alleanza con Dio. Colpito dal dinamismo della Chiesa primitiva, specialmente a Corinto, Zwingli scartò qualsiasi struttura gerarchica come un ostacolo al flusso della grazia in tutto il corpo cristiano. Ammetteva, tuttavia, la necessità di un pastore che insegnasse e ispirasse. Questo pastore, come i profeti dell’Antico Testamento, avrebbe goduto del carisma e sarebbe diventato in effetti un predicatore-profeta (Corpus reformatorum 3:23.6; 3:25.16). Una caratteristica importante dello zwinglianesimo era l’organizzazione congregazionale, con la sua stretta interrelazione con la magistratura secolare nel governo ecclesiastico. Il Consiglio del Cantone (provincia) doveva eseguire la politica del pastore e della comunità, compresi i decreti di scomunica per i peccatori pubblici. A Zurigo, che divenne la prima delle chiese statali, questo matrimonio di diritti laici ed ecclesiastici diede al pastore un’ampia influenza nelle assemblee politiche della comunità e sul “magistrato divino”. Dei sette sacramenti, Zwingli ammette solo il Battesimo e l’Eucaristia come istituiti da Cristo. Questi non sono cause efficaci e strumentali della grazia, ma semplici simboli (sacrae rei signa, nuda signa) e cerimonie commemorative. Il battesimo è paragonabile al rito della circoncisione nell’Antica Legge, e la Cena del Signore è un servizio come la Pasqua, che memorizzava la liberazione di Israele dal faraone egiziano. La sua posizione sulla presenza simbolica di Cristo negli elementi dell’Eucaristia, corpus et sanguinem nonnisi symbolicos accipi (Corpus reformatorum 4:498.25), fu un argomento di acceso dibattito tra i riformatori suoi contemporanei e portò a diversi tentativi di formulare una dichiarazione di compromesso generalmente accettabile. (Il matrimonio, sebbene non sia considerato un sacramento, è posto in particolare onore perché è decretato da Dio come un segno di contratto vincolante per la vita (foedus vitae). La cresima, la confessione dei peccati e l’unzione degli infermi sono semplici atti di fraternità all’interno della comunità cristiana; la cerimonia degli ordini non costituisce un ministro permanente ma indica solo un incarico temporaneo per funzioni prescritte (Corpus reformatorum 2:404.3: 2:124.3; 3:8:24.8). In generale il rifiuto di Zwingli dell’efficacia sacramentale è fondato sul suo spiritualismo, che non poteva ammettere la produzione della grazia spirituale da una cosa sensibile e materiale; questo per lui era magia.
Providenza e predestinazione. L’interpretazione di Zwingli della provvidenza divina e della predestinazione dell’uomo rivela un tipo di panteismo in cui Dio è autore sia del bene che del male e l’uomo è un’emanazione di Dio, preordinato all’elezione o alla riprovazione; il suo destino è fisso e la sua volontà impotente. Sia gli eletti che i condannati glorificano Dio, gli uni la sua bontà, gli altri la sua giustizia, secondo il piano della provvidenza. Questa visione di Dio come agente universale che causa con infallibile e inesorabile finalità sia il bene che il male è espressa sia nel De vera et falsa religionis commentarius (1525) che nel Sermo de providentia Dei (1530). L’enfasi, tuttavia, è posta sulla bontà di Dio nel salvare l’uomo dal peccato originale, che egli chiama una malattia (morbus, Präst ); così i trattati assumono un tono di ottimismo.
Anche se la dottrina di Zwingli appare succintamente nei 67 articoli redatti il 19 gen. 19 gennaio 1523, e nella Christianae fidei expositio inviata a Francesco I, re di Francia, nel 1531 e pubblicata postuma da Heinrich Bullinger nel febbraio 1536, è nei suoi trattati e opuscoli apparsi a partire dal 1523 che si scoprono le sottigliezze e la progressione della sua teologia. Questi si dividono in tre gruppi: le polemiche anticattoliche (1523-24) contro il monachesimo, il potere papale, l’invocazione dei santi, il purgatorio, ecc.le diatribe contro i luterani e l’accusa che lo zwinglianesimo fosse solo un luteranesimo trapiantato, e contro gli anabattisti, con i quali litigò soprattutto per le questioni di Chiesa e Stato (1525-27); e le opere didattiche e le dichiarazioni confessionali dei suoi ultimi anni (1528-31).
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